Non venderei mai i miei 6 Banksy, ma li presterò volentieri ai musei

Tratto da La Stampa del 3 Ottobre 2020

«Me li guardo sul tablet, sapendo che tenerli appesi sul letto sarebbe troppo rischioso. Loro sono in cassaforte, ma non li considero un investimento visto non ho nessuna intenzione di venderli. Mi emoziona il fatto che sono riuscito a mettere insieme sei opere straordinarie del più sfuggente e politico artista dei nostri tempi. Assente dal mondano, ma presente quando la storia chiama: Banksy.»

Luca Bravo è un giovane gallerista di Fiorenzuola, ha fatto la gavetta, tante fiere, prima piccole e italiane e oggi internazionali (lavora alla Deodato Arte di Milano). Un anno fa, avendo qualche soldo da parte ha deciso di spenderli tutti «solo se mi fossi imbattuto nel tratto candido e rivoluzionario dell’artista senza volto». E ci è riuscito. Mettendo insieme opere come No Ball Games del 2009, uno dei topini della pandemia che brandisce il cartello Get out while you Can del 2020, e l’iconico Napalm (2004) con un pagliaccio e Topolino che tengono per mano la bimba fuggita durante i bombardamenti in Vietnam. Serigrafie autenticate da «Pest Control», l’unica agenzia al mondo autorizzata dall’artista a firmare le sue opere. Repliche di unicum che non sono in vendita, dal momento che nascono su muri o all’interno di vagoni ferroviari, oppure quando planano sulla carta si autodistruggono, come nel casodi Girl with balloon venduto da Sotheby’s a un milione e 200 mila euro un attimo prima che si tagliuzzasse da sé. Un bel patrimonio che Luca Bravo ha deciso di offrire, in mostra, ai musei. «Sarebbe un peccato non condividerli)>, Prima tappa, Helsinky, nel 2021. 

Com’è riuscito a comporre una collezione così ricca? Fortuna, intuito, determinazione o cos’altro?

«Determinazione. Oggi non si acquista un Banksy per caso o per fortuna. È quasi impossibile trovare opere in vendita di questo autore, se non partecipando ad aste complicatissime e dal prezzo di aggiudicazione siderale e alquanto aleatorio. La mia, per Banksy, è passione allo stato puro».

Che cosa la colpisce del suo messaggio?

«Satira, provocazione, denuncia sociale. Ammiro la sua voglia di denuncia, il senso di provocazione, la scelta dei luoghi, il tempismo, l’abilità nel diventare invisibile. Tutto ciò mi ha portato a interessarmi al fenomeno Banksy fin dai suoi primi vagiti di genialità».

Lo segue da anni quindi?

«Sì, e appena mettevo qualche soldo da parte il mio sogno non era comprare un’auto o un alloggio, ma un pezzetto del suo sguardo sul mondo. In poco tempo, lavorando nel campo dell’arte, aiutato anche da un pizzico di fortuna, sono riuscito ad acquistare sei opere, ognuna con le sue difficoltà di trattativa e di pagamento. Sì perché per molti Banksy rappresenta guadagno facile. Per me è solo emozione. Ho sempre pensato all’arte come sinonimo di un’azione rivoluzionaria e dirompente. Così l’artista di Bristol è diventato una magnifica ossessione».

Quindi non ha comprato questi quadri per rivenderli …

«Se fosse stato per quello ricevo almeno dieci richieste al giorno, a un prezzo almeno doppio rispetto a quello d’acquisto. E non mi interessa. A inizio estate ero fermamente convinto di fermarmi a cinque opere, considerato il continuo e devastante innalzamento di quotazioni dell’artista. Ma quando il 14 luglio vidi la sua performance nella metropolitana di Londra, dove riempi di topini anti-Covid che brandivano la mascherina i vagoni dell’Underground, la mia ansia ricominciò. Feci un viaggio lampo in Inghilterra e, dopo notti passate sul web e decine di telefonate ai collezionisti e ai galleristi d’Oltremanica, conquistai il mio roditore banksiano. La sesta opera, Get out while you can, con protagonista il topo rosa ecologista mi stava aspettando».

È vero che parecchi privati le hanno fatto offerte?

«Certo, ma non sono in vendita. Acquistarle è stata un’impresa. Se le vendessi proprio ora, tradirei me stesso. Banksy al momento è un assegno circolare, ma per me vale molto di più. E penso sia necessario condividere questo grande artista prestandolo ai tanti musei che vogliono dedicargli una mostra. Comincerò da Helsinky nell’estate del 2021».

Non le pare anche un artista che gioca con furbizia sul proprio mistero?

«Guardi è l’unico al mondo che ha una personalità più forte della politica stessa. Lui disegna e travolge. Il mese scorso, quando ha finanziato una barca per salvare i rifugiati nel Mediterraneo lo ha fatto con la sua famosa bambina con in mano un salvagente. Il mondo intero è rimasto a bocca aperta, e a settembre le sue quotazioni sono salite del 35% in un solo mese. Questo come lo vogliamo chiamare, se non genio. È un genio non ha prezzo, si tiene stretto».  

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