L’arte come stile di vita (Luca Bravo intervistato da OFFTOPIC Magazine)

Da Warhol a Banksy è la mostra d’arte che in questi giorni sta creando una piccola rivoluzione a Fiorenzuola d’Arda, una realtà di provincia che per la prima volta si trova ad ospitare, nella storica cornice di palazzo Bertamini-Lucca, opere riconducibili alla pop e street art di autori di levatura internazionale.
Off Topic ha incontrato il curatore della mostra, Luca Bravo, che da anni opera nel mondo dell’arte contemporanea come art consultant e art dealer, e al quale si deve la realizzazione di questa iniziativa “controtendenza”: portando l’arte in una dimensione territoriale non convenzionale, di matrice locale, Bravo ha infatti dato vita ad un evento di notevole risonanza mediatica, ma tale da conservare una caratterizzazione di nicchia ed un’atmosfera intima che ne valorizzano il carattere “sperimentale” e innovativo.

Il percorso della mostra – ideata da Bravo con il Comune di Fiorenzuola d’Arda e la Deodato Arte di Milano -, ci accoglie con il volto di Marilyn Monroe (“This is not by me”, nella rappresentazione pop divenuta ormai iconica di Andy Warhol) e si snoda tra gli stucchi e gli affreschi della location settecentesca (ispirati alle Metamorfosi di Ovidio e dipinti da Bartolomeo Rusca) accompagnando il visitatore in un viaggio nella street art internazionale.
Angelo Accardi (che incorpora nelle proprie opere elementi simbolici introducendoci nel suo mondo “misplaced”), classe 1964, e Daniele Fortuna (che reinterpreta in chiave pop e con tecniche innovative soggetti ispirati alle sculture classiche), classe 1981, sono gli artisti italiani giustapposti a street artists internazionali come Keith Haring, lo statunitense Shepard Fairey (Obey), il francese Thierry Guetta (Mr. Brainwash) ed il celeberrimo Banksy, la cui identità tuttora ignota, unita ai contenuti provocatori delle sue espressioni artistiche, ne ha ormai fatto una figura leggendaria sulla scena dell’arte contemporanea.

 

Ma ascoltiamo dalla voce di Luca Bravo il racconto degli aspetti salienti che hanno condotto alla realizzazione di questo evento, cogliendo anche l’occasione per approfondire alcuni temi legati alla street art ed al significato dell’arte nella contemporaneità.

Qual è l’idea di partenza da cui sono scaturite la progettazione e la realizzazione di questo evento?
Beh, sicuramente un’idea folle, ambiziosa, ma decisamente strutturata e supportata dalla due entità che mi hanno coinvolto: l’Amministrazione Comunale di Fiorenzuola d’Arda e la Galleria Deodato Arte di Milano, alle quali va la mia riconoscenza. Non posso non ricordare le prime bozze progettuali, le prime chiacchierate a tavolino con l’Assessore Minari, dove nacque tutto. Ciò che oggi sta metaforicamente rappresentando una piccola rivoluzione mediatica per Fiorenzuola d’Arda, ormai considerata grazie a questo evento, una piccola capitale dell’arte del nord Italia. Mi si accese una lampadina, mi venne voglia di alzare davvero l’asticella, ma soprattutto di provare a far qualcosa che nessuno prima aveva mai nemmeno pensato: portare in un paese di provincia una Mostra internazionale con i più grandi maestri della pop e della street art.

Quali sono state – se ci sono state – le difficoltà da superare per arrivare alla sua concretizzazione?
Di solito se focalizzo un obbiettivo, divento categoricamente ottimista. E più che difficoltà, le considero ostacoli di percorso. Chiaramente la pianificazione degli allestimenti, l’affitto dei locali di un Palazzo settecentesco, la gestione del marketing e della comunicazione, e non per ultimo l’investimento economico, sono stati gli elementi a cui abbiamo dovuto porre maggior attenzione. Ma ripeto, si trattava pur di una scommessa che nessun altro prima aveva avuto il coraggio di pensare. E qui il plauso va anche al Sindaco Gandolfi di Fiorenzuola d’Arda.

 

 

Quali energie ha catalizzato questa mostra? Come è stata la risposta della comunità?
Energie tantissime. Nel frattempo che sto rispondendo alle sue domande, ho il telefono colmo di messaggi per organizzare visite guidate, meeting direttamente nei locali alla Mostra, giornalisti che richiedono fotografie di opere da pubblicare. Una risposta mediatica al di là di ogni più rosea aspettativa. La comunità credo realmente sia fiera ed orgogliosa di diventare per tre mesi epicentro culturale ed artistico del nord Italia.

È consapevole della natura pionieristica di questo evento, e sente la responsabilità di dargli un seguito, facendone un punto di partenza per nuove iniziative?
Domanda bellissima, che mi emoziona. Sono completamente consapevole della natura pionieristica dell’evento, come le anticipavo sopra. Di conseguenza, siccome amo le responsabilità, sto già seriamente pensando a qualcosa per il prossimo anno. Ops, mi è scappato. Ma ormai l’ho detto. Ci stiamo seriamente pensando. Dopo un successo di questo tipo, è obbligatorio perlomeno sognare in grande.

 

Visitando la mostra si avverte una cura estrema dei dettagli e si coglie un connubio perfetto tra architettura e opere esposte, nonostante la diversa collocazione cronologica. Come si è arrivati a questa location?
La ringrazio di cuore per il complimento. Non poteva farmi apprezzamento più gradito. La cura dei dettagli per me è una ragione di vita, privata e professionale. La location è uno dei Palazzi più caratteristici e prestigiosi della provincia, ove il contrasto tra modernità dell’arte esposta e classicismo dell’arte affrescata crea un vero e proprio scacco matto. La scelta la si deve alle capacità ed alla lungimiranza dell’amministrazione di Fiorenzuola d’Arda.

 

Su quale base è stata effettuata la scelta degli artisti e delle opere, e qual è stato il criterio espositivo adottato?
Fin dal momento in cui ho avuto la definitiva disponibilità dei locali, la pianta delle sale a mia disposizione, ho pensato a diverse ipotesi. Poi ho optato per la soluzione che avrebbe dato maggior fruibilità al visitatore. Suddividere gli artisti per sale. Un artista per sala. E così proposi un elenco artisti, che di concerto con la Deodato Arte, ho reso vincente.

 

Si può dire che esista un legame diretto tra pop e street art?
Qui mi tocca sul vivo. Sono un grande sostenitore dell’inevitabile influenza che la pop abbia avuto sulla street. Anzi, alcuni pop artists erano veri amici di famosi street artists, e spesso ne condividevano evoluzioni e successi. Poi chiaramente la street ha preso una sua direzione ben decisa con Keith Haring, Invader, Obey, Os Gemeos, fino ad arrivare all’artista globale del nuovo millennio: Banksy.

È corretto affermare che lei apprezza in modo particolare la street art e ne ha fatto un fulcro del suo interesse e del suo lavoro? Cosa la colpisce di questa forma espressiva?
Sì, corretto. La street è una scena diversificata, dove i primi a mettere in discussione il loro stesso status sono gli artisti, ormai protagonisti di un sistema d’arte globalizzato a cui spesso opporsi, diventandone schiavi. La faccio semplice, adoro la genialità di un movimento che è diventato arte riconosciuta e quotatissima da un popolo che spesso li ha rifiutati. Hanno vinto loro.

Può la street art essere ancora definita come esperienza di controcultura che veicola contenuti provocatori e di rottura con l’establishment e l’arte mainstream? O è divenuta essa stessa mainstream, nonostante gli intenti originari di Banksy?
Più o meno le ho risposto sopra, non sapendo che me l’avrebbe chiesto. A parte sottili ironie, occorre ammettere che se la street art non è ancora del tutto catalogabile come mainstream, ed aggiungo fortunatamente, non ci siamo lontani come potevamo esserlo 20 anni fa. Oggi è diventato vero e proprio fenomeno cool, e, volendo o non volendo, siamo di fronte ad un vero e proprio asset di mercato.

 

Quale destino potrebbe avere nel futuro?
Sicuramente un’evoluzione di una corrente che si fa portatrice di valori etici, di suggestione urbana, ma che si avvicinerà sempre di più al collezionismo inteso nel senso aperto del termine. Con una ricerca che travalicherà la dimensione simbolica per toccare anche piacevolezza estetica. Questa la mia prediction.

È realistico pensare che un ipotetico nuovo Rinascimento potrebbe ripartire da un’arte concepita non più in senso aulico, ma frutto di uno scardinamento dal basso di vecchi stilemi?
Qui forse sbilanciarsi in un senso piuttosto che in un altro susciterebbe troppo scalpore. E di scalpore, ultimamente penso di averne suscitato abbastanza.

Cosa rappresenta per lei l’arte, al di là del suo lavoro?
In tre parole: stile di vita.

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