Banksy a Parma, Sogno o Realtà?

Tratto dalla Gazzetta di Parma del 23 Settembre 2021

Una mostra di calibro internazionale dell’artista vivente più discusso, più acclamato, più sovversivo di sempre.

A Parma? Sì. Un traguardo, di cui vado orgoglioso per la città, e fiero di aver appoggiato in qualità di art consultant della Fondazione Archivio Antonio Ligabue di Parma. Un obbiettivo raggiunto ed organizzato grazie alla Foi1dazione stessa che nella persona del presidente Augusto Agosta Tota ha supportato e supervisionato la pianificazione di uno di quegli eventi che rimarrà nella storia artistica contemporanea della città di Parma.

Ho sempre sostenuto con forza che ospitare un evento di tale portata sarebbe stata la perfetta ciliegina sulla torta di Parma capitale italiana della cultura 2020-2021.

In moltissimi, in queste settimane, mi hanno chiesto di raccontare qualche segreto, di questo incredibile evento, di cui vado fiero di essere attivo collaboratore. La chiave di lettura che deve avvicinare il collezionista, l’appassionato, il curioso alla mostra evento di Banksy, deve convergere sui lati emozionali. Potrei raccontare gli aspetti tecnici delle opere in mostra, la genialità dello stencil, gli abbinamenti cromatici di ogni lavoro su carta, ma lo riterrei riduttivo. Tutti vogliono ammirare da vicino la potenza mediatico-sentimentale della Girl with Ballon, o l’irriverenza delle banane di John Travolta nell’opera noir di Pulp Fiction.

Ma di Banksy, vorrei che Parma, così come tutto il pubblico italiano che avrà la fortuna di visitare Palazzo Tarasconi nei prossimi mesi, apprezzasse e captasse qualcosa di estremamente più profondo, elitario, psicologico.
Inizierei dalla domanda, posta dai più scettici, di quanto marketing abbia in sé oggi il fenomeno Banksy, alla quale rispondo con forza sempre allo stesso modo. Lo sforzo di Banksy di distogliere il suo personaggio da un sistema di marketing dell’arte è tuttavia uno sforzo inutile. Anche su suo disappunto, Banksy, vittima del successo globale della sua arte, rientra nei meccanismi oliati del sistema, e pur agendo con modalità eccentriche porta avanti un
potentissimo brand, il suo. Il tentativo di emarginarsi dalle grandi Gallerie d’arte del mondo rispecchia fondamentalmente il suo motto, se vuoi dire qualcosa e vuoi che la gente ti ascolti, allora indossa una maschera. Se vuoi dire la verità, allora devi mentire. Ecco, in questa frase c’è in fondo l’essenza di quello che io ho sempre chiamato effetto Banksy. L’effetto di un supereroe della street art globale.

E pensateci, i grandi supereroi non hanno per caso la maschera? Ecco, nella sua ger1ialità e lungimiranza, lui si è mostrato sempre al mondo con il suo cappuccio, sei1za volto. Ed anche i più scettici oggi dovranno pur accettare che siamo di fronte ad un fenomeno psicosociale mai accaduto nel mondo dell’arte.

Infine non posso non far cenno ai tratti essenziali che hanno portato l’artista a quotazioni pari o maggiori agli storicizzati quali Picasso, Basquiat e molti altri.

In ogni settore, con implicazioni economiche finanziarie, l’arrivo imprevisto ed imprevedibile di un target nuovo, diverso, ed intelligente a livello sociale, porta inevitabilmente ad un innalzamento della domanda. E Banksy ha portato non una, ma ben quattro dinamiche imprevedibili: il rapporto amore odio con il concetto di controllo, la definizione di un nuovo pubblico, la disintermediazione, ed il
rapporto con le istituzioni. Poi chiaramente occorre arrivare nel momento giusto, ma questo vale per Banksy, e per ognuno di noi, nella visione più poetica del destino di ogni vita.

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